Dopo questa guerra dovremo combattere quella per una nuova Rinascita

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Bergamo, città martire. Il Paese atterrito dalla lunga fila di mezzi militari che trasportano le bare. È l’immagine di una battaglia che, per il momento, ci vede sconfitti. Sotto l’assedio di un nemico invisibile, il virus. Ma è una battaglia, appunto. Non è la guerra. Il conflitto continua, gli italiani reagiscono con un colpo di reni. E qui ci sta bene la citazione gramsciana, perché da nord a sud prevale il pessimismo della ragione e l’ottimismo della volontà. La volontà dell’infermiera sfinita che scivola nel sonno dopo un lungo, duro, turno di lavoro. La volontà del sindaco di Bari che vaga per le strade e chiede ai suoi concittadini, con la voce della disperazione, di tornare a casa. La volontà dell’imprenditore di 42 anni che purtroppo non ce l’ha fatta, stroncato dal male, nella rianimazione del Santissima Trinità, a Cagliari.
È vero, c’è chi ancora non ha capito, chi non avverte il pericolo, non si adegua alle regole. Ma l’immagine dell’Italia che si rialza, dopo un iniziale scetticismo, supera le Alpi, s’impone all’Europa e anche oltreoceano. Sì, è questo il Paese di santi e navigatori, ma è anche il Paese degli operai che lottano per la sicurezza in fabbrica, dei medici che si sacrificano per salvarci, del personale dei supermercati e delle poste che ogni giorno rischia il contagio e dunque la vita. Non c’è retorica e non c’è improvvisazione. È semplicemente richiesta di rigore, organizzazione, senso della comunità. Così, in fila davanti alla farmacia, scattano i rimproveri per chi non rispetta il suo turno. E gli oltre 50mila denunciati per non aver osservato le disposizioni e per false dichiarazioni non sono la sintesi del Paese. Seppure con mille difficoltà, l’Italia s’interroga sul suo futuro. Una volta archiviata la crisi del virus, niente sarà più come prima, perché se governo e popolazione, amministratori e amministrati, credono di poter vivere di rendita, allora sì, saremo una nazione senza prospettive, senza visione strategica. E perciò bisognerà ripensare lo sviluppo, archiviando lo sfruttamento del territorio, l’inquinamento dell’aria, lo sfacelo dell’ecosistema. Il brodo di coltura dei virus.
Qui davvero, ci vorrà un eccezionale colpo di reni. Dopo quella contro il nemico invisibile comincerà un’altra guerra, per l’energia pulita, per i servizi, per una sanità pubblica ed efficiente, per una scuola che formi la gioventù, per un lavoro a misura di uomini e donne, per la parità, per l’accoglienza e per riprendere la grande questione irrisolta, la questione meridionale. La Sardegna se l’aspetta per una nuova stagione di Rinascita. L’attendono le altre regioni. Un laboratorio per ripensare l’autonomia, radicandola nell’unità nazionale.
Niente sarà come prima, dunque. Ma questa nostra vita sospesa, quest’emergenza, è compatibile con la democrazia se limitata nel tempo. L’aggettivo “illiberale” non abita qui. E comunque tutto ciò fa parte del dopo, ora siamo impegnati contro un nemico che si nasconde nell’aria e si rivela brutalmente con l’immagine di Bergamo, città ferita che non s’arrende.

Attilio Gatto