Tutte le volte che qualcuno mi chiede quale sia il mio paese di origine mi fermo sempre un attimo a pensare alla risposta: meglio una risposta vaga – un piccolo paese del nord Sardegna – oppure essere più specifici, dire semplicemente Ardara e prepararsi ad offrire spiegazioni su collocazione geografica, dimensione e luoghi di interesse?
Personalmente, preferisco la seconda opzione e mentre penso a come spiegare Ardara, il mio interlocutore mi sorprende con un semplice: “Ma certo, conosco Ardara!”.
Negli anni, infatti, ho appreso che chiunque abbia mai attraversato la Sardegna percorrendo la Carlo Felice conosce perfettamente Ardara per l’indicazione stradale che lo colloca a circa 10 km dallo svincolo. Abbastanza vicino per ripromettersi di visitarlo prima o poi, ma anche troppo distante dalla tabella di marcia per decidere di mettere la freccia e svoltare.
“La prossima volta magari partiremo un po’ prima e ci concederemo una piccola gita! Ma cosa c’è da vedere?”
Ardara, nella regione del Logudoro, è un paese, una comunità e un paesaggio che ha sempre sorpreso tutti quelli che hanno avuto la pazienza di seguirmi per una mezzora o un giorno intero tra le vie – e i ricordi – della mia infanzia. Vi suonerà un po’ campanilista o sentimentale – chi non ha un luogo del cuore? – ma continua a stupire anche me ogni volta che ho l’occasione di ritornare.
No, non aspettatevi la Basilica di Saccargia perché non si trova qui. Troverete, invece, un’altra Basilica, quella di Nostra Signora del Regno. All’esterno sembrerà una chiesa romanica come altre ma è all’interno che si rimane sbalorditi: affreschi, dipinti di epoca cinquecentesca e il più grande retablo che possiate vedere in Sardegna. E poi, ogni primavera, lungo la discesa che conduce alla chiesa, gli alberi di Giuda si riempiono di una enorme quantità di fiori di un lilla intenso concedendovi una splendida photo opportunity per il vostro profilo Instagram. Ma potrete scegliere anche tra colline verdissime, orti e vigneti che sembrano giardini, felci e muschi lungo la valle tracciata dal Rio S’Adde. E il tutto in una passeggiata e una manciata di chilometri.
Io che il profilo Instagram lo aggiorno molto di rado, adoro frequentare Ardara d’autunno. Sarà per il fascino misterioso della nebbia – ebbene sì, ad Ardara il fenomeno è ben noto – che avvolge tutto in un morbido silenzio che sa di Ungaretti, di riflessioni sul senso della vita ma anche del profumo irresistibile e inebriante di spianate appena sfornate. Le spianate: un peccato capitale. Quando apri il pacchetto non c’è forza di volontà che tenga: puoi solo terminarle in 30 secondi netti e cercare di sentirti meno in colpa optando per una passeggiatina come quella di cui sopra. Credo quasi che questo profumo che ogni giorno inebria tutto il paese sia l’unico stimolo che abbia convinto generazioni di studenti ardaresi a lasciare il caldo rassicurante del proprio letto alle 7 del mattino per andare a scuola nel freddo penetrante di Novembre.
Vent’anni fa, proprio in autunno, una delle attività che preferivo era seguire mio padre in lunghe passeggiate per le campagne di Ardara, sull’altipiano di fronte al paese detto S’Acchileddu. Si andava lungo campi che assomigliavano tanto alle steppe del mio libro di geografia. Ogni tanto alberi di pero o prugno selvatico, massi rocciosi da superare arrampicandosi, erbe commestibili da assaggiare e, ovviamente, tanti funghi. Ho sempre creduto che non fosse poi così speciale vivere in una zona rurale, camminare in lungo e in largo per la campagna, fuori da ogni sentiero o tracciato, lontano da tutto e affidandosi al solo senso dell’orientamento. Anni più tardi, vivendo in una grande città, ho scoperto che non era così: fare hiking, trekking, seguire sentieri, mappe e tempi di percorrenza assomigliavano soltanto ad un surrogato di quel senso di libertà che quei pomeriggi a S’Acchileddu potevano offrirmi.
Essere un paese a pochi chilometri dalla principale arteria stradale della Sardegna ti relega ad una dimensione davvero unica: non è un luogo così remoto da pianificare una visita ma non è neanche la metropoli che con i suoi servizi attira ogni giorno visitatori di ogni genere.
Ricordo però alcune famiglie di turisti che dopo aver scelto Ardara per la sua posizione centrale rispetto a tutte le spiagge principali del nord Sardegna, scelsero di spendere il resto delle proprie vacanze proprio in paese: per gli scorci, per la natura, per le passeggiate, per la tranquillità. Perché il tempo è più lento e la notte il buio è più buio.
Se state cercando un modo per rallentare, prendere per un attimo una pausa dai ritmi incessanti di casa – lavoro – commissioni e vi sembra che, tra un impegno e l’altro, gli anni stiano passando più velocemente del normale; insomma, se volete trovare quella pace che solo quel profumo di spianate appena sfornate sa regalare, ecco, la prossima volta che vedete il cartello per Ardara, mettete la freccia e svoltate.
Veronica Mulas è una designer industriale nata ad Ozieri nel 1991. Col cuore tra Sardegna e Piemonte, è appassionata di aree rurali e montane e da diversi anni lavora nel campo del design civico e per lo sviluppo locale collaborando con varie associazioni ed enti locali.