Domenica si vota per scegliere il nuovo sindaco di Cagliari. Noi sosteniamo Francesca Ghirra per due ordini di ragioni.
La prima riguarda alla natura di questo voto: un voto amministrativo per scegliere, appunto, chi dovrà amministrare il capoluogo sardo. Chiunque abbia occasione di frequentare altre città italiane, sa che Cagliari è una città ben amministrata, abbastanza pulita, dotata di grandi spazi pubblici. L’impressione che oggi si ha quando si passa da Roma a Cagliari è la stessa che anni fa si provava passando da Cagliari a Stoccolma. “Merito”, certo, della catastrofica amministrazione di Virginia Raggi, ma anche della capacità di Massimo Zedda e delle sue giunte di tenere ben saldo il timone della città.
Poi si possono criticare certa scelte urbanistiche, come per esempio ha fatto spesso, con argomenti forti, Giorgio Todde. Poi si può sostenere che il sistema della raccolta differenziata presenta dei problemi non tutti imputabili alla ditta che lo gestisce, ma all’impostazione particolarmente complessa che è stata adottata. Sono cose che possono essere corrette. E che vanno discusse pubblicamente (ecco, suggeriamo a Francesca Ghirra di aumentare le occasioni di confronto). In ogni caso, non abbiamo alcun elemento per immaginare che il candidato del centrodestra possa fare meglio.
La seconda ragione è politica. Sempre le elezioni amministrative hanno qualche valenza politica, ma questa volta è una valenza è particolarmente accentuata. Nel Paese è in atto un conflitto molto diverso da quello “antico” tra centrodestra e centrosinistra. La linea di confine è tra quanti ritengono di dover procedere sulla strada indicata dai padri costituenti e quanti vorrebbero tornare a un passato senza regole e senza diritti.
Poiché i cicli politici sono diventati molto più rapidi, come ha dimostrato la rapidissima parabola renziana, si può ragionevolmente sperare che anche la parabola di Matteo Salvini non sarà di lunga durata. Il problema è, però, che anche i processi di disgregazione sociale ed economica si sono di molto accelerati. E’ dunque necessario che ogni occasione di resistenza venga colta, a livello individuale – assumendosi ciascuno le proprie responsabilità – e a livello collettivo.
Non abbiamo dubbi che l’esperienza salvianiana finirà in modo rovinoso. E che quanti oggi osservano silenti le gesta di questo tragico soggetto, rivendicheranno come “opposizione” anche il più flebile dei colpetti di tosse che oggi riescono a emettere. E che quanti si sono catapultati sulla barca del vincitore, la abbandoneranno alle prime ondate. Gettandosi in mare, sempre che nel frattempo non sia stato interamente occupato dai cadaveri dei migranti.
Il problema non è come andrà a finire, ma tra quanto tempo finirà. E quanto tempo ci vorrà per ricostruire. Per questo vanno combattute tutte le battaglie.
A Cagliari c’è poi una ragione ulteriore, che riguarda la rifondazione e la ricostruzione del centrosinistra. Poco dopo il voto alle Regionali, mentre tutti i commentatori sottolineavano che la discesa in campo di Zedda aveva consentito alle forze progressiste di conservare, pur nella sconfitta, una presenza rilevante, qualche esponente del Partito democratico cominciò a sostenere che Zedda aveva commesso un errore a lasciare la guida di Cagliari. Sostanzialmente attribuendogli la sconfitta delle Regionali e il rischio potenziale di una sconfitta alle future elezioni per il rinnovo del sindaco del capoluogo.
E’ vero, come diceva il vecchio Rino Formica, che la politica non è per i generosi. La politica, diceva, è “merda e sangue”. Ecco, in quelle prese di posizione di sangue proprio non ne vediamo. Vediamo, invece, i colpi di coda di una classe politica che ha distrutto il centrosinistra e che piuttosto che farsi da parte vorrebbe uccidere in culla i tentativi di rifondarlo.
Dunque, speriamo che a Cagliari le cose vadano bene. E speriamo, se andranno bene, di vedere una città governata non solo con diligenza, ma anche con quel genere di coraggio che le donne possono insegnare agli uomini: la capacità di dire e fare le cose giuste, per il bene dei propri figli, anche quando il resto della famiglia si oppone. La capacità, per esempio, di rendere Cagliari una città del Mediterraneo. Unita, e non divisa, dal mare.