La conoscete molto bene questa foto e non c’è bisogno che spenda altre parole per raccontarla. Ha fatto il giro del mondo e, sembra, ha scosso le coscienze di molti americani. Forse. Ma se così fosse ho l’impressione che farà la fine della foto di Aylan, il bambino con la maglietta rossa annegato in una spiaggia turca: verrà presto dimenticata.
Infatti mentre la foto di quei due corpi abbracciati tracima da tutti i giornali le parole, soprattutto quelle di chi avrebbe il dovere di parlare, si fanno sempre più flebili, un silenzio gelido, imbarazzato e imbarazzante. Sono lontani i tempi di foto come quella della bambina ustionata dal napalm di Nik Ut, erano capaci di mobilitare mezzo mondo e di dare una spinta vigorosa alla fine della guerra in Vietnam.
Oggi viviamo una società incattivita, impaurita e non si vedono leader politici disposti a cogliere la formidabile forza evocativa di queste foto e a correre il rischio di combattere scomode battaglie di civiltà. Timorosi di perdere il loro miserabile bottino di consensi taceranno o parleranno il meno possibile, come fanno di fronte allo spettacolo di 42 esseri umani che arrostiscono al sole sul ponte di una nave.
Ma c’è sempre la possibilità di ridare alle immagini quella forza capace di smuovere le coscienze, di mobilitare perfino la politica perché ancora le foto possono cambiare il mondo, a patto di non distogliere lo sguardo, a patto di non lasciarle sole.
Enrico Pinna