Pertini stringeva la pipa tra le mani. Attento, immerso nelle vicende shakespeariane. Sulla scena c’era Tino Carraro, nell’allestimento de La tempesta per il Piccolo Teatro. Poco distante, confusa nel pubblico, Mariangela Melato sembrava distratta, ma forse prendeva mentalmente appunti per il suo prossimo spettacolo.
Erano belle quelle serate romane, anni ottanta, vissute nella frenesia del teatro, dosi da indigestione. Al Sistina, ecco Montesano con i mille personaggi del suo Bravo! Si rideva, eccome!, ma la protagonista assoluta era la signora accanto a me: Monica Vitti si sovrapponeva allo spettacolo con i suoi commenti affilati. E io ero davvero emozionato, vicino alla diva che aveva incarnato il fascino misterioso del cinema di Antonioni.
Mi è capitato di intervistare Corrado Pani, affaticato ma disponibile dopo una partita a tennis, e di conversare con Gianni Agus, sempre elegante e anche straniante, intimamente legato agli esordi nella sua Cagliari.
La Cagliari che mettevo tra parentesi quando Roma, nei fine settimana, assomigliava a un immenso palcoscenico. Marco Parodi, che già conoscevo per le regie del Teatro di Sardegna, l’ho incrociato un giorno in via del Corso. Lui cortese, umile, come tutti gli intellettuali, gli artisti di spessore. Nella sua lunga carriera ha messo su oltre cento spettacoli, da Brecht a Buchner, da Pirandello a Campanile e via continuando. Perciò questi Aneddoti al ristorante dopo lo spettacolo ( editore La mongolfiera) affascinano come il “teatro nel teatro”. È un “teatro dopo il teatro”, un proseguimento dello spettacolo che fa luce sul dietro le quinte. Questa felice tessitura è un affresco che ha per protagonisti grandi attori e mitiche spalle, talentacci e indiscutibili geni, Signore e Signori della scena, ma anche chi sulla scena s’è affacciato solo per un attimo, un battito di ciglia, ha percorso altre strade e oggi, attraverso questi racconti, può andare a ritroso sulle ali della malinconia.
E’ un libro che apre un mondo, che rivela biografie, episodi, battute fulminanti, inventate in un’istante, come un’improvvisazione, in momenti di gioia tra commensali. Rivela e sollecita la nostra fantasia perché, come scrive Maria Paola Masala nell’introduzione, Parodi “con feroce eleganza” mette “i suoi lettori nella divertita condizione di guardare dal buco della serratura, senza sentirsi troppo indiscreti.” E per Giuseppe Manfridi, nella postfazione, “la tavolata è una zattera da cui è difficile staccarsi”.
Ed ecco Buazzelli nello Scheyck di Brecht, Paolo Poli ospite di casa Parodi, Paolo Grassi e Strehler, Carmelo Bene e il trio Fo-Parenti-Durano che incanta pubblico e critica. Nella tela di Parodi diventano personaggi di un unico grande spettacolo, dove ognuno è protagonista ma rispetta spazi e tempi degli altri. Lui li dispone da regista di talento e d’esperienza, trasformando scene di vita in teatro dell’assurdo. Lo fa da ligure che ha scelto l’osservatorio privilegiato di Cagliari, città “d’un giallore calcareo africano”, mentre prosegue il lavoro instancabile della sua “Fabbrica illuminata”, teatro e sperimentazione, invenzione scenica e ricerca del tempo perduto.
Il libro si può leggere tutto d’un fiato. Ma il consiglio è di portarselo appresso, di tornare ogni tanto sugli aneddoti che forse ci forniranno qualche istruzione per attenuare l’insostenibile leggerezza dei nostri tempi bui. Sicuramente ci strapperanno un sorriso.
Questo è il teatro, bellezza! E tu non puoi farci niente! Niente.
Attilio Gatto
Grazie, Attilio, della tua attenzione, e del rispetto che dimostri per un mondo che, purtroppo, sta scomparendo.
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