Governo, Regione, opposizione: la “controra” che paralizza la Sardegna

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Quel che sta accadendo in questi giorni nella politica nazionale, di stupefacente e di pirotecnico insieme, ha contribuito a marginalizzare ed a mettere da parte, per noi sardi, quella riguardante i problemi di casa nostra. Tanto da non accorgersi che la nostra guida politica si sarebbe come assopita in una sorta di controra, che è – per comune conoscenza – quella parte del tempo avversa ad ogni sorta di attività. Del buon riposo, quindi, come di quei soporiferi ozï africani di cui avrebbe scritto, con nostalgia tutta casteddaia, Giaime Pintor.

Ora, andando al di là dell’osservazione banalmente meteo-politologica, si può convenire che, contrariamente alle attese ed agli impegni pre-elettorali, la Giunta del Presidente, Christian Solinas, si stia rivelando di un’assoluta e preoccupante astenia. Non risulta infatti che abbia assunto qualche significativa ed efficace iniziativa per stimolare una qualche pur timida ripresina. Anzi. Sembrerebbe essersi posta, in quella che in gergo militare si definirebbe una condizione di “piedarm”, cioè dell’aver disimbracciato le armi, cioè, nel nostro caso, d’aver lasciato da parte quelli che in politica si definiscono provvedimenti e riforme.

Non pare facile conoscere quale sia l’idea di Sardegna che l’alleanza sardoleghista intenda proporre per l’uscita dalla lunga stagnazione socioeconomica in cui si trova. Anche perché non esiste, o non è stata in alcun modo definita. D’altra parte, anche nei banchi del consiglio regionale parrebbe che stia prevalendo il tempo della controra, quasi a significare che riposo ed ozio siano condizioni politiche condivise.

Eppure – per dirla con i nostri padri latini – maiora premunt, urgono delle cose assai importanti. La sveglia l’avrebbe data, proprio in questi giorni d’agosto, lo Svimez, l’autorevole istituto di studi economici del Mezzogiorno, che ha avanzato il timore che – senza l’adozione di interventi urgenti – dalla stagnazione odierna anche l’isola rischi di passare ad una più penalizzante e drammatica recessione. Per via di un Pil regionale che continua a navigare, specie per le attività produttive, sotto lo zero virgola. Ma da Villa Devoto e dintorni non sono giunti – come forse ci si sarebbe attesi – segnali di un qualche risveglio, nonostante le emergenze siano divenute sempre più pressanti. Ed i ritardi ogni giorno sempre più preoccupanti.

Anche dagli assessori giungono segnali assai sconcertanti, d’impreparazione certamente, ma anche di incapacità, approssimazione ed incompetenza. E questo a dispetto delle solenni dichiarazioni del Governatore che, giustificando i ritardi nelle nomine, aveva dichiarato d’aver voluto esaminare con attenzione i curricula di ciascuno dei suoi possibili collaboratori, per accertarsene delle attitudini alla carica. In barba poi di chi, nominato, avrebbe dichiarato di non sapere nulla – o quasi – del settore affidatogli, ma d’aver molta buona volontà (sic) per informarsene rapidamente!

D’altronde i pastrocchi combinati nella scelta del capo dell’ATS, certamente con la complicità dei vertici leghisti e con la dabbenaggine di quelli locali, paiono la cartina di tornasole di quelle insufficienze politiche che vanno caratterizzando, ed indebolendo, l’attuale Giunta. Così si aggiungono nuove perplessità nell’apprendere che della sbandierata riforma sanitaria (già pronta, secondo gli annunci d’un assessore molto chiacchierone) non è stato ancora deciso se verrà scelto il modello di rito ambrosiano o quello veneto, o – ancora – se ne prevarrà un terzo, magari di un nuovo rito scismatico, ad esempio maurreddino o tattaresu.

Non diversamente si dovrebbe dire per il rebus energetico rimasto sempre tal quale, perché non si sa bene come verrà affrontata l’imminente decarbonizzazione delle nostre centrali, visto che non si è neppure d’accordo se affidarsi al vento e al sole, risorse autoctone ed identitarie, o se, invece, ad un metano d’importazione forestiera. Con quel che ne deriverebbe, per via delle ritardate scelte, alle nostre già debilitate e malridotte fabbriche energivore. Né si sa bene dove porterà la c.d. “guerra del latte, anche perché gli inquilini di Villa Devoto paiono essere “sotto schiaffo” (come si dice popolarmente) per via delle aggressive pressioni corporative dei degeneri e chiassosi eredi della Coldiretti di Nicolino Sassu e Felicetto Contu.

Ancora. Non si intravvede nulla di certo per ridare ossigeno al lavoro, e quindi speranza d’occupazione ai quasi 100mila inoccupati, di cui il 45 per cento e passa giovani, visto che gli investimenti pubblici sono in caduta libera (da 150 a 63 euro pro capite) e quelli privati pure (ridottisi del 47 per cento). Né la produttività nel lavoro ci può dare soddisfazione, visto che siamo agli ultimi posti nelle graduatorie nazionali, e questo nei diversi settori produttivi.

C’è dunque da domandarsi quanto durerà questa controra, quanto ancora si dovrà attendere per conoscere il percorso che il governatore Solinas indicherà, con il suo eloquio sempre pacioso e monocorde, per farci uscire dalle attuali sabbie mobili. Perché con un reddito pro capite in continua discesa, e che oggi è giunto ad essere molto vicino alla metà di quello degli abitanti del Centro Nord, il nostro futuro non può essere molto allegro, per così dire.

Ma esiste ed è sveglia e vigile un’opposizione? domando. Perché non sembrerebbe poter cogliere dei segnali significativi, sia da quella che siede in consiglio regionale a quella formata dal vasto mondo dell’associazionismo, del sindacato, delle rappresentanze datoriali, dell’accademia. C’è dunque un’intera Sardegna adagiata in una preoccupante controra, fra ozï africani e riposini, nonostante lo tsunami economico che incombe dalle nostre parti? si tratta di una domanda, aggiungo, che attenderebbe un’urgente e chiara risposta.

Paolo Fadda

(Economista, saggista, già dirigente del Banco di Sardegna)