Il tramonto de “su barrosu”: la Sardegna e la fine dell’effetto-Salvini

il fenomeno Zaia e l’esplosione parasecessionista del Veneto va portando il nord del Paese verso un distacco sempre più netto dalla questione meridionale (e dalla questione sarda). Può essere un pericolo o anche un’opportunità: ma occorre che le migliori presenze politiche, sociali e intellettuali dell'Isola discernano bene su quale terreno, per quali obiettivi e con quali alleanze muoversi.

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Salvini e Zaia (immagine da tgverona.it)

Credo che si debba aprire una riflessione, anche da questa regione periferica del Paese, su quel che ha evidenziato l’ultima consultazione elettorale. E che sia molto opportuno farlo, soprattutto per quanto di differente, e in un certo senso di nuovo, è emerso nel quadrante politico. Perché il voto del 20 settembre nelle sette regioni chiamate al rinnovo dei loro rappresentanti, ha segnalato l’emergere di tendenze e di controtendenze assai differenti dalle precedenti consultazioni. Non ultima quella di 19 mesi or sono per il rinnovo del nostro consiglio regionale.

Ci sono infatti degli aspetti su cui dover portare l’attenzione. Innanzitutto la sempre più pesante e grave emorragia di voti subita dal movimento 5 stelle, con il divorzio di quasi l’80 per cento dei suoi elettori; ed a seguire l’evidente declino trascinatore che ha subito Matteo Salvini come leader maximo del leghismo nazional-populista, e – in contrasto – la sonante affermazione di Luca Zaia, abile interprete di una tendenza nordista, sempre più federalista ed anticentralista. La sua maggioranza bulgara  in Veneto rafforza e rende sempre più egemone, nella politica del Paese, una centralità settentrionale. Si tratta di tre aspetti che possono avere un loro evidente riflesso su quello che è lo scenario attuale della politica sarda.

Si prenda, ad esempio, il progressivo e sempre più grave appannamento elettorale dei grillini. Che ormai paiono ridotti, dal potente esercito che erano, ad un plotoncino di reduci malridotti e disuniti. D’altra parte, passare dall’antipolitica alla politica, cioè dall’andar contro tutti e tutto al dover progettare e realizzare atti di buongoverno, presupporrebbe il possedere buona cultura e concreta preparazione, doti queste che scarseggiano parecchio e che non si trovano al market o fra i tavolini di un bar. E se fra il 2018 (Politiche) ed il 2019 (Regionali) i loro elettori si sono ridotti, qui nell’Isola, da 369mila a 69mila, oggi forse non raggiungerebbero neppure un quoziente, come accaduto del resto nel Veneto.

Appare anche interessante analizzare e comprendere l’effetto che Salvini ebbe sulle elezioni regionali sarde di un anno fa: dove il suo ruolo di ministro dell’Interno lo portò a divenire – grazie al suo alto tasso di “barrosia” (un mix di supponenza, prepotenza ed arroganza) – il dominatore d’ogni problema sul tappeto, fosse quello del prezzo del latte ovino o dei viaggi in aereo. E quell’atteggiarsi a uomo forte, decisionista tanto da essere prepotente e sfrontato, avrebbe conquistato molti favori fra quanti, qui nell’Isola, gli avrebbero attribuito le capacità di risolvere ogni problema, fosse anche quello – rimasto irrisolto da oltre un secolo – fra allevatori e trasformatori per il prezzo del latte ovino.

In effetti quell’uomo, su prus barrosu e su mellu insfrontadu fra i nostri politici nazionali, che un anno fa sfidava tutti in costume balneare e con la corona del rosario al collo nella spiaggia del Papeete, in un festival di tette e deretani, pretendendo pieni poteri per poter governare il Paese a modo suo, in questo post elezioni sembrerebbe aver fatto la fine di quei pifferi di montagna che più che riuscire a suonare, furono sonoramente suonati. Tanto che quei pieni poteri gli sarebbero stati tolti persino dal suo partito!

D’altra parte, qui in Sardegna ci ha lasciato ben poco, nonostante avesse cooptato – sotto il suo slogan “Salvini premier” – anche un drappello assai variegato di neosardisti, eredi cioè di un partito glorioso ma con un’identità ideologica un po’ sfiorita. Così quella sfrontata barrosia, che era stata in effetti la turbina per conquistare la vittoria elettorale, s’è rapidamente dissolta, mettendo in luce molta incompetenza ed impreparazione in una Giunta debole e fragile. Tanto da non riuscire finora a trovare la sufficienza nel giudizio dei tanti sardi delusi.

Rimane infine da osservare attentamente il fenomeno Zaia e l’esplosione parasecessionista del Veneto nei confronti dell’unità nazionale. Che va portando il nord del Paese verso un distacco sempre più netto ed evidente con quella che per un secolo e più è stata definita la questione meridionale (e dentro di essa, la questione sarda e la nostra autonomia speciale). Può essere insieme un pericolo o anche un’opportunità: ma occorre che le migliori presenze politiche, sociali ed intellettuali della Sardegna sappiano discernere bene, con le più attente valutazioni, su quale terreno, verso quali obiettivi e con quali alleanze occorrerebbe muoversi.

Paolo Fadda