Il mondo come casa, gli abitanti del pianeta intero come coinquilini da incontrare e conoscere: comincia così, con la citazione di quella verità appresa sin dall’infanzia, il viaggio straordinario di Gioconda Beatrice Salvadori, Joyce, compianta scrittrice, traduttrice, antifascista e femminista nel racconto di “La mia casa, i miei coinquilini”, film diretto da Marcella Piccinini che giovedì è stato presentato per la prima volta al pubblico al cinema Odissea di Cagliari.
Il documentario, dopo aver partecipato a diversi festival cinematografici, in questi giorni attraverserà l’Isola con un intenso tour di proiezioni: domenica sarà ancora a Cagliari per il festival Pazza Idea, lunedì al Cinema Ariston di Oristano, martedì all’Auditorium di Nuoro, mercoledì sarà al Cityplex di Sassari, venerdì 30 novembre infine nella Casa a Corte di Guspini. Negli stessi giorni verrà mostrato anche ai ragazzi delle scuole sarde.
Punto di partenza, nell’idea della regista e anche nello sviluppo del film, è una bella intervista che Marco Bellocchio fece a Joyce Lussu nel 1994, quattro anni prima della sua morte: un racconto in cui rivela sogni, speranze, passioni e ricordi della sua vita, dall’attività come antifascista insieme al marito Emilio Lussu al ritorno in Italia, dopo la fine della guerra, dalla sua attività come traduttrice alla militanza in politica. Una vita intensa, con gli ideali di libertà e pace come faro perenne, dagli anni trascorsi in esilio come attivista di Giustizia e Libertà a quelli del ritorno in Italia, vissuti tra la Sardegna e le Marche, e poi i viaggi in Africa, Medio Oriente, Turchia ed Europa.
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Anche dopo la nascita di Giovanni, l’unico figlio, Joyce non si mise mai all’ombra di Emilio, che nel dopoguerra era senatore e ministro: proseguì l’impegno in politica e accanto alle donne, che fossero le mogli dei contadini e pastori di Armungia o le operaie e lavoratrici delle grandi città. Accanto all’attività politica si dedicò con passione alla traduzione letteraria: grazie alla sua ottima conoscenza di inglese, francese e tedesco fece amare in Italia gli scritti di Nazim Hikmet, Agostinho Neto, José Craveirinha, Ho Chi Min e di scrittori africani, eschimesi, australiani, americani. Nel film Joyce Lussu si racconta, tramite la voce di Maya Sansa, attraverso i suoi stessi scritti come “Portrait”, “L’olivastro e l’innesto”, “Fronti e frontiere” rivelando una grandissima cultura e un’alta passione per la politica e allo stesso tempo una straordinaria attenzione per gli affetti e le amicizie.
Come ha sottolineato la regista Piccinini al termine della proiezione non smise mai di essere donna, non dimenticò la famiglia, la casa. E proprio gli oggetti del quotidiano sono protagonisti del racconto, quelli delle stanze parigine, della casa di Armungia (dove oggi vive il nipote di Joyce ed Emilio, Tommaso) e quelli della casa a Fermo, nelle Marche: gli ambienti rivivono nel film grazie alle riprese originali e al materiale di archivio proveniente dal progetto della Società Umanitaria – Cineteca sarda “La tua memoria è la nostra storia” dedicato al cinema amatoriale di famiglia.
“La mia casa, i miei coinquilini”, il primo documentario dedicato a Joyce Lussu, è un film prezioso e importante: la testimonianza di Joyce è ancora più significativa oggi, in un momento storico profondamente segnato da nazionalismo, populismo, neofascismo. Un esempio per donne e uomini che hanno ancora a cuore i diritti, la pace, la libertà.
Francesca Mulas