L’intreccio di appuntamenti elettorali a cui saremo presto chiamati – suppletive a Cagliari a gennaio, regionali sarde a febbraio, europee a maggio- rende particolarmente difficile non solo fare previsioni, ma anche disegnare scenari prossimi venturi, anche solo di massima. C’è qualcuno disposto a scommettere sul fatto che il governo Di Maio-Salvini, che pure in Parlamento e nei sondaggi gode di una solida maggioranza, supererà indenne le elezioni europee? Questi, d’altra parte, sono tempi di mutamenti politici repentini e comunque il sistema politico italiano è alla ricerca di una qualche stabilità da ben prima che questi tempi arrivassero.
Quanto a noi sardi, ci mettiamo del nostro ad accrescere il senso di volatilità, di indeterminatezza che comunica oggi la politica. I partiti si presentano oggi nell’Isola come ombre sfuggenti: certo, alcuni di loro sono espressione di un passato più o meno glorioso, ma rimangono inafferrabili quanto a fisionomia, programmi, non si parli poi di visioni del futuro della Sardegna.
Il caso più curioso è quello del leader attuale del Partito sardo d’Azione, il partito di Emilio Lussu e di Mario Melis, non dimentichiamolo: parlo di Christian Solinas che si è guadagnato sul campo i galloni di candidato ufficiale del centrodestra grazie all’appoggio decisivo del lombardo Matteo Salvini, che può vantare tra le sue credenziali una lunga sequela di improperi rivolti al Meridione e ai meridionali e gli sforzi che ha dedicato come ministro dell’Interno per impedire alle ONG di cercare di salvare qualcuno dei poveretti e delle poverette che tentano la traversata del Mediterraneo. Insomma, mettiamo che Solinas vinca: non sarà bello vedere in via Trento un sardo messo là da un lombardo, e che al lombardo (per amore o per forza: per amore, più probabilmente) continuerà a obbedire. Vero è che questa faccenda di un lombardo che piazza in viale Trento un sardo obbediente l’abbiamo già vista. Questa volta però la cosa mi sembra ancora più deprimente: mai votato per il Psd’Az, ma a quella sigla (e quella storia) come gran parte dei sardi sono affezionato.
Dei 5 Stelle isolani e del loro candidato non so cosa dire, di sicuro per una mia personale difettosa informazione visto che non bazzico il web ma (colpevolmente) mi limito a leggere giornali, ascoltare la radio, vedere la televisione. Non ho capito, però, perché i 5 Stelle sardi -se sono loro a decidere, e non quella misteriosa entità a cui affidano il loro progetto di nuova democrazia- si siano disfatti dell’ex sindaco di Assemini, Mario Puddu, che sembrava il loro naturale (e forse anche ragionevole) candidato. Certi automatismi che affidano alle inchieste giudiziarie, anche per vicende di poco conto, le scelte politiche ancora una volta mostrano i loro limiti. Poco ho da dire anche su Paolo Maninchedda e di Andrea Murgia, anche perché mi risulta difficile capire in quale quadro politico vorranno spendere il loro prevedibilmente limitato consenso elettorale (ma magari mi sbaglio e sarà uno dei due ad essere eletto presidente della Regione).
Veniamo ora a Massimo Zedda che promette -così almeno pare a me – di essere un candidato che può aspirare alla vittoria. Dire Zedda è anche dire Partito democratico, il suo sponsor al momento più importante. Difficilmente il Pd sardo, senza il sindaco di Cagliari, che viene da una storia di sinistra diversa da dei democratici, avrebbe trovato un candidato capace di aspirare alla vittoria. Bene ha fatto quindi il Pd a puntare su Zedda e bene ha fatto Zedda ad accogliere l’appoggio del Pd. Il problema è che l’appoggio del Pd – del Pd com’è ridotto oggi in Sardegna, voglio dire – è lontanissimo dall’essere sufficiente a Zedda per vincere le elezioni. Per vincere il sindaco di Cagliari dovrebbe assumere la fisionomia di un candidato come si dice ora “civico”, capace cioè di arrivare al di là dello stesso centro-sinistra e di toccare le aree di opinione democratica che guardano con preoccupazione alla virata illiberale dell’attuale governo gialloverde. Al riguardo saranno importante i temi che Zedda saprà sollevare, ma sarà decisiva la composizione delle liste che lo sosterranno.
Luciano Marrocu