La politica sessista e la debole reazione davanti agli insulti contro le donne

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La ministra dell'Agricoltura, Teresa Bellanova, durante la cerimonia del giuramento

Quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare. I duri, naturalmente, per genere e per “definizione” sono i maschi. La crisi di governo, la sua soluzione, è stata, da questo punto di vista, esemplificativa: una questione tutta al maschile. Gli attori, i protagonisti, sono stati per la gran parte uomini. Una sfilata di giacche, di camice, di cravatte, che nascondeva una mera disputa maschilista: a chi ce l’ha più grosso…l’ego naturalmente.

Ancora una volta le donne sono rimaste fuori dalla politica, dai partiti, dalle istituzioni. Ancora una volta l’intelligenza, il buonsenso, le capacità, la determinazione, l’equilibrio delle donne sono restati fuori della porta. Ancora una volta oltre la metà dell’elettorato, oltre la metà del cielo, sono rimasti senza rappresentanza. Un’assenza che si è riverberata nei nuovi e nei vecchi media, nei dibattiti e nelle maratone televisive che hanno fatto da corollario alla crisi di governo.

Niente di nuovo sotto il cielo: mai una donna è stata eletta alla Presidenza della Repubblica, tanto meno alla Presidenza del Consiglio. La loro presenza, nei giorni della crisi, ha assunto, il più delle volte, una funzione meramente ancillare, sottolineata da un paternalismo irritante, da una gentilezza pelosa. Un po’ di quote rosa distribuite qua e là per tacitare una improbabile coscienza.

Come se non bastasse, la politica dell’odio e del rancore, della rabbia e della violenza, è stata cinicamente indirizzata, ancora una volta, contro le donne. La deriva sovranista e populista, xenofoba e fascista, impressa dalla Lega e dal suo campione, si è riversata spesso contro quelle donne che hanno cercato di opporsi agli insulti sessisti. Si è arrivati persino a denigrare e ad insultare la neo ministra dell’Agricoltura, rea di aver indossato, al momento del giuramento, un abito troppo appariscente e sopratutto non le è stato perdonato che una bracciante agricola con la terza media, poi sindacalista per trent’anni, potesse diventare ministro della Repubblica. Oppure gli insulti sessisti rivolti dai militanti fascisti di Casapound contro la neo ministra delle Infrastrutture, macchiatasi della grave colpa di aver indossato, durante la seduta alla Camera, un vestito rosso, appena scollato.

Intemperanze, ingiurie, offese, che non hanno suscitato una reazione adeguata, anzi sono spesso passate sotto silenzio. Come è possibile combattere con efficacia la piaga disumana del femminicidio, gli stupri, gli abusi sessuali, senza mettere in atto, a tutti i livelli, iniziative politiche capaci di contrastare la cultura maschilista? E’ questa la posta in gioco. E’ questa la sfida di civiltà che attende gli uomini e le donne di questo Paese. Dal segno che assumerà questa sfida si misurerà la coerenza, la determinazione, la volontà di colmare la distanza che ancora separa – nella politica, nei partiti, nelle istituzioni, nella società – le donne dagli uomini.

Massimo Dadea