La sinistra e la paura

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razzismo odio xenofobia

È davvero complicato il tempo che stiamo vivendo. Un periodo della storia del nostro Paese che sembra aver cancellato tutte le certezze a cui generazioni di donne e di uomini avevano ancorato una parte della loro esistenza. Molte di quelle che apparivano verità inconfutabili, conquiste democratiche immodificabili, sono come evaporate al fuoco di un pericoloso populismo, di uno strisciante razzismo, di una nuova destra che alimenta i peggiori rigurgiti xenofobi e fascisti. Ancora una volta la storia ci insegna che niente può essere dato per scontato, che nessuna conquista può essere considerata acquisita per sempre. Un tempo, il nostro, in cui sembra siano state bandite parole quali solidarietà, uguaglianza, pari opportunità (elementi fondanti del pensiero progressista e di sinistra), ma anche parole assai care alla cultura cattolica, quali generosità, altruismo, pace, amore.

Oggi a prevalere sono altri sentimenti, altre emozioni: l’odio, l’intolleranza, l’egoismo, l’invidia, che generano, a loro volta, violenza e sopraffazione. Ma su tutto a dominare è la paura. La paura – uno stato d’animo che deriva da qualcosa che minaccia la nostra esistenza – si è impadronita della nostra vita e ne scandisce il tempo. La paura che noi viviamo è però qualcosa di indotto, di artificiale, di costruito, da chi, ogni giorno, si appella ai nostri istinti peggiori, da chi parla alla pancia e non alla testa dei cittadini. La paura del diverso, del diverso da noi: per colore della pelle, per cultura, per credo religioso, per genere, per preferenza sessuale. Una fatica immane per chi tutti i giorni deve inventarsi un nuovo nemico, deve alimentare una nuova paura.

Tutto questo può avvenire perché la politica, i partiti, la cultura, le istituzioni hanno abdicato alle proprie responsabilità. Perché la sinistra ha smarrito la sua vocazione. E così che si crea il cortocircuito della paura. E allora che gli apprendisti stregoni, i bulli, i nuovi fascisti, possono utilizzare un linguaggio che fa rabbrividire le coscienze: “la pacchia è finita”, “chiudiamo i porti” oppure, rivolgendosi ai giornalisti, “pennivendoli, puttane, infimi sciacalli”. Una nuova destra che demonizza il pensiero critico, che vede come il fumo negli occhi una informazione libera e indipendente. Storicamente la sinistra ha costituito un argine alla barbarie del fascismo e del razzismo. Ma, oggi, cosa rimane della sinistra? Una copia sbiadita e stropicciata di quel movimento planetario che per quasi un secolo ha esercitato una egemonia culturale e politica.

Ricostruire la sinistra significa ri-definirla alla luce delle sfide nuove e difficili che ci stanno di fronte. Ad iniziare dalla lotta alle disuguaglianze. Quella insopportabile discriminazione che rende diversi i cittadini di fronte a diritti costituzionalmente garantiti: diritto alla salute, all’istruzione, al lavoro.

Una disparità tanto più lacerante in una regione, la Sardegna, dove un numero crescente di cittadini rinuncia alle cure perché non può pagarsi il ticket, dove il tasso di abbandono scolastico è tra i più elevati, dove un giovane su due è disoccupato. Un’isola inconsapevolmente adagiata su un terribile disastro ambientale che avvelena l’acqua, la terra, l’aria. Un territorio dove donne, uomini e bambini muoiono di più a causa delle patologie tumorali legati all’inquinamento. Su questi temi si misurerà, nei prossimi mesi, la vitalità della sinistra. La capacità delle forze progressiste, dei movimenti che si richiamano all’autodeterminazione, di rappresentare un’alternativa di governo, seria e credibile, all’avanzare della destra populista, xenofoba e razzista. La capacità di infrangere la dittatura della paura.

Massimo Dadea

 

2 Commenti

  1. Penso che in questo momento in cui viene messa in discussione l’esistenza stessa della Comunità europea, sia prioritario creare un forte movimento europeista.
    Le elezioni europee sono alle porte con buona probabilità che sovranisti e populisti prendano il sopravvento con conseguenze gravissime . Non abbiamo molto tempo. Impegnamoci per aggregare, indipendentemente dalle relative origini, tutti coloro siano per l’Europa la sua crescita il suo rafforzamento.

  2. Non credo che la paura si diffonda infiltrandosi negli spazi vuoti lasciati dalla politica, e da qui diffondersi come una macchia d’olio nel tessuto sempre più liso della società. Quasi si trattasse di un suo succedaneo o surrogato. La paura è coltivata dal potere, diffusa e sempre alimentata attraverso certa politica. Il potere autoritario si fonda sull’incertezza e la paura è la più intima alleata dell’insicurezza.

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