Paolo Truzzu – a parte sorprese e riconteggi – è il nuovo sindaco di Cagliari. Ha vinto al primo turno superando di un soffio il quorum del 50 per cento. Francesca Ghirra, la candidata del centrosinistra, si è fermata al 47,8 per cento. Il 2,1 per cento mancante è quello andato al terzo candidato, l‘ambientalista Angelo Cremone. Francesca Ghirra sta valutando un ricorso, a partire dalla constatazione della presenza di un migliaio di schede nulle. Ha aggiunto di non aver alcun rammarico sulla conduzione della campagna elettorale. Anche, ha sottolineato, se “il tema dei rifiuti è stato abusato”.
Di certo su questo risultato quel che resta del centrosinistra sardo dovrà attentamente riflettere: i pochissimi voti che hanno consentito al candidato della variegata coalizione di destra di prevalere al primo turno chiamano in causa la responsabilità di tutti.
La riflessione riguarda in primo luogo quanti sono rimasti sostanzialmente a guardare un’operazione politica che, come era emerso fin dalle primarie, non ha entusiasmato né particolarmente coinvolto i capibastone storici del Pd perché era la continuazione di quella avviata da Massimo Zedda con la discesa in campo alle Regionali. E li metteva in discussione. Qualcuno forse ricorderà che dopo quella sconfitta – che proprio grazie alla presenza di Zedda è stata di molto contenuta rispetto ai timori iniziali – c’era stato, tra i dirigenti del Pd, chi aveva profetizzato il rischio di una sconfitta anche Cagliari. Il dubbio che non tutta la coalizione abbiamo marciato con lo stesso passo ha, purtroppo, più di qualche fondamento tafazzista.
Ma è un dubbio che dovrebbe riguardare anche i “duri e puri” che non hanno visto nella coalizione che ha sostenuto Francesca Ghirra – quasi sempre a causa della presenza del Pd – una dose di radicalità adeguata alle loro aspettative e sono rimasti a casa, a pugno chiuso, col risultato di dare pure loro un contributo alla vittoria della destra. E parliamo di una destra estrema, almeno quanto all’appartenenza del probabile nuovo primo cittadino.
Anche i 5 stelle, che non presentandosi hanno reso molto improbabile quel ballottaggio dove forse si sarebbe giocata una partita diversa, dovrebbero porsi qualche domanda quanto alla loro identità politica.
Si possono poi individuare tante altre cause di questo risultato. Da quelle strettamente tecniche, come il maggior numero di liste della coalizione di centrodestra (cento candidati in più, con i loro amici e parenti, valgono ben più di un migliaio di voti) a quelle attribuibili a vicende nazionali come lo scandalo del Csm – con l’ex ministro renziano Lotti intercettato nelle cene carbonare dei giudici, con l’eccessiva cautela di Zingaretti nel prendere le distanze – che può aver indotto un altro po’ di elettori democratici a stufarsi definitivamente. E a restare anche loro a casa.
Ma la causa più evidente – una causa da molte migliaia di voti – è stata certamente quella richiamata da Francesca Ghirra: i disagi causati in una parte rilevante della popolazione dall’introduzione della raccolta differenziata dei rifiuti. Questione facile, popolare, di sicura presa. Davvero il cacio sui maccheroni di una campagna elettorale di taglio populista. Chissà se poi, come si diceva con insistenza negli ultimi giorni, qualcuno ha anche provveduto a fare in modo che la città proprio alla vigilia del voto apparisse un po’ più sporca. In effetti era da tempo che non si vedeva Cagliari nelle condizioni di sabato pomeriggio e domenica mattina. Un caso? Il vento? Chissà. Inutile ripetere la celebre massima di Andreotti.
Certo, i tempi sono cambiati. Poco più di 10 anni fa un altro problema di spazzatura innescò dei tumulti davanti all’abitazione privata dell’allora governatore Renato Soru. Strani tumulti nei quali si saldarono personaggi della destra e frange degli ultras del Cagliari. Accomunati dall’indignazione per il fatto che la Regione, compiendo un atto di solidarietà nazionale, aveva accettato di smaltire alcune tonnellate di rifiuti di una delle tante emergenze di Napoli. Il grido era: “Non vogliamo la spazzatura dei napoletani”. Questa volta l’innesco delle proteste è stata la spazzatura degli stessi cagliaritani. Una spazzatura, si potrebbe dire, identitaria. Ed è una perfetta, anche sicuramente involontaria, metafora dell’incontro tra il nuovo sardismo delle poltrone e il sovranismo del “prima gli italiani”. Ma quali?
Di certo Francesca Ghirra era tecnicamente il candidato migliore: una giovane donna che ha dato prova di essere una buona amministratrice, una esponente della sinistra che sa governare e restare fuori dalle lobby e dalle camarille. Non ha niente da rimproverarsi. Se la sinistra ha qualche speranza di risorgere lo deve a persone come lei.