Le mascherine nazifasciste: una cosa poco seria, un reato che va punito

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Questo fatto delle mascherine sta diventando una cosa maledettamente “grave, ma non seria”. La citazione di Ennio Flaiano, certamente un po’ abusata, però ci va a pennello. Quello che non va è vedere il volto di Mussolini stampato appunto sulle mascherine. L’ha fatto un’azienda di Verona, con annesso anche il motto:”Camminare, costruire e, se necessario, combattere e vincere!”

Altro che Covid, questo è un virus che, se lo si tollera, mette radici robuste, difficili da estirpare. L’ultima volta è durata vent’anni ed è finita con una guerra mondiale. Spargimento di sangue e carcere, confino, imboscate, omicidi per chi non la pensava come quelli che salutavano romanamente. I fascisti così ben descritti da Emilio Lussu, nelle pagine di Marcia su Roma e dintorni. Già la marcia su Roma da operetta, su cui si è abbattuta la scure del sarcasmo di Lussu, come in un dramma grottesco. Come fossero maschere della commedia dell’arte, oppure di un’opera di Goldoni.

E non basta, ora dagli Stati Uniti arriva la mascherina con incollata la bandierina – valzer di diminutivi – su cui è disegnata una bella svastica. È accaduto in California, a San Diego. La foto con la mascherina “nazi” è oggi in bella evidenza sul Daily Mail. L’ha postata su Instagram Jerry Saltz, critico d’arte del New York Magazine, vincitore del Premio Pulitzer. Ma c’è anche chi fa la spesa col cappuccio del Ku Klux Klan, un indumento che va sempre di moda, almeno dal 1865.

Ancora maschere e mascherine, dunque. Son diventate un capo d’abbigliamento e ciò che ci veste comunica, manda un messaggio. Avremo forse la mascherina di seta, per i raffinati. La mascherina personalizzata, per quelli che vogliono esprimere la loro unicità. La mascherina artistica, dipinta da pittori e street artists, o con frasi di poeti e
scrittori. La mascherina fai da te, “cucinata” in casa da sarte e sarti improvvisati.
Ma la mascherina politico-ideologica come quella con la mascella del Duce o con la svastica è davvero intollerabile.

Siamo ad un passo dalla mascherina col fascio. Ma non rientra nelle regole del gioco, come dice la Costituzione repubblicana, nata dalla Resistenza, dalla guerra di Liberazione
Qui a Nord Est ne ho viste con la scritta “Friul”. A Sud Ovest, in Sardegna insomma, ce ne saranno sicuramente con i quattro mori o con il rossoblu del Cagliari. Son mascherine che sostituiscono bandiere e striscioni. Immaginiamo manifestazioni con centinaia, migliaia di persone mascherate. E finché si tratta di simboli, diciamo così, “democratici”, va benissimo: colori vivaci in frizzanti giornate dal cielo azzurro terso. Ma quando quei simboli si fanno scuri, neri, volitivi, marziali, allora c’è da preoccuparsi. Perché rievocano tempi in cui “libertà” era una parola che neanche si poteva pronunciare. Neppure nella finzione teatrale.

E’ accaduto nel 1944 per uno spettacolo di rivista con Totò e Anna Magnani. Pronunciarono quella parola proibita, “libertà”, e furono censurati. Lo ricordò la Magnani nel 1960, parlando con i giornalisti durante una pausa della lavorazione del film Risate di Gioia, regia di Mario Monicelli. E Totò aggiunse che quelli davvero erano tempi difficili. Tempi bui. Una società mascherata, con le divise della milizia, con i ragazzi vestiti da Balilla, con le piazze infiocchettate da fasci ed altre diavolerie della micidiale comunicazione del ventennio.

E ora che siamo liberi, eccoci comunque circondati da simboli. Roba da semiologi, antropologi, linguisti. Che sono in grado di analizzare anche ciò che è nascosto, che non appare agli occhi. Ma quella faccia lì, Benito, e quella svastica, Adolf, non c’è bisogno di esperti per riconoscerne il messaggio. Non è certo sottotraccia, è piuttosto chiaro. È quella roba che ha tenuto il Paese sotto lo schiaffo del pensiero unico. E guai a chi sgarrava.
Perciò occorre vigilare. Forze dell’ordine, Magistratura, Parlamento, Regioni. In prima linea i Presidenti Solinas e Fedriga, a voler citare la mia terra d’origine e quella in cui ora vivo.
È fin troppo facile, se c’è la volontà, scoprire il gioco del ballo in maschera. E mentre affrontiamo il flagello del Covid, possiamo anche fermare il virus di “faccetta nera” e di qualche canzone nazista.

Attilio Gatto