Si chiamano Sea Watch e Sea Eye le Ong che con 49 migranti a bordo dal 22 Dicembre vagano nel Mediterraneo, mentre i nostri porti restano chiusi in nome di un provvedimento fantasma non meglio definito che individuerebbe in quelle navi e nei suoi ospiti un “pericolo per la sicurezza del Paese”. Nel frattempo, nel Paese surreale in cui siamo costretti a vivere, dove il Capodanno in Trentino è definito “popolare” dai rappresentanti sardi di questa maggioranza, ma per i migranti “è finita la pacchia”, la disobbedienza civile è qualcosa di più di una possibilità. E’ un obbligo.
Il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, che ha aperto una breccia contro il Decreto Sicurezza, non vuole però la si chiami disobbedienza e preferisce parlare di “semplice applicazione dei diritti costituzionali”; con una nota inviata al capo area dell’ufficio anagrafe, ha dato disposizione di non applicare a Palermo le misure inserite nel decreto, perché norme “disumane e criminogene”. Il riferimento è alla norma che non consente più ai richiedenti asilo di iscriversi all’anagrafe e quindi, per esempio, di avere l’assistenza sanitaria.
Comunque la si voglia definire, quella di Orlando è un’azione concreta, qualcosa che in questi tempi social di post e di storie evanescenti, cioè destinate ad “evaporare” nel giro del prossimo click, ci fa sperare, se non in una rivoluzione, almeno in un rigurgito di civiltà e umanità. La decisione di Orlando, che in queste ore sta innescando reazioni politiche in tutti gli schieramenti, ha già incassato il consenso di Luigi de Magistris a Napoli, Dario Nardella a Firenze e anche del sindaco di Reggio Calabria, Giuseppe Falcomatà.
E’ su temi come questo che in Sardegna vale la pena di confrontarsi e capire il senso della nostra pluricitata, ma mai realmente applicata, Autonomia.
In un momento in cui il governo getta la maschera con un decreto che costituisce un esempio di provvedimento disumano e criminogeno, quali margini di “disobbedienza” la nostra Regione e i nostri sindaci possono o devono applicare?
Non nego che mi sarebbe piaciuto e mi avrebbe favorevolmente colpita vedere il sindaco della nostra città metropolitana, nonché candidato alla presidenza della Regione, aprifila di questa disobbedienza o “applicazione dei diritti Costituzionali”, ma siccome a far la forza, come dicono i proverbi, non è la primogenitura quanto l’unione, ci aspettiamo anche ora un’azione in tal senso (e ribadisco azione, che è qualcosa di diverso da una dichiarazione).
Qualche tempo fa proprio su questo sito è stato pubblicato un editoriale, in cui si esaltava il progetto per le regionali che a Massimo Zedda fa capo, in nome di una necessaria e non rimandabile reazione al clima xenofobo che si respira, sull’onda governativa, anche nella nostra regione. Ecco, questo è il momento per Massimo Zedda che, a differenza di altri candidati, ha gli strumenti, essendo sindaco del capoluogo, per chiarire se davvero vuole mostrare discontinuità rispetto ad una politica che nella sinistra di governo è stata piena di tentennamenti (per usare un eufemismo), aprendo da subito dei porti che non hanno nessuna ragione né provvedimento per stare chiusi.
Non vogliamo pensare che la tutela dei diritti fondamentali dei migranti sia meno importante del consenso elettorale, perché è evidente che quello dei migranti è, specialmente in campagna elettorale, un argomento ultrasensibile, che punisce molto e premia poco, soprattutto a sinistra. Basta un banale post su un social per rendersi conto di quanto il barometro delle percezioni sulla questione immigrazione penda verso il malcontento: troppi italiani inspiegabilmente sentono gli immigrati come una minaccia per la sicurezza, per la cultura, per l’occupazione, e voterebbero volentieri la linea dura anti migranti. Perciò, a maggior ragione dopo che il PD ha mostrato una, nessuna, centomila posizioni a riguardo, chiediamo al sindaco e candidato Zedda un’azione chiara in tal senso.
Marina Spinetti