Nel labirinto della vita

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Nel labirinto della vita ti perdi se non sei attrezzato, se non hai in tasca il filo di Arianna che aiuta a segnare la strada, per ritrovarla sempre. Nel labirinto della vita quel gomitolo è l’indispensabile compagno della tua esistenza. Ma quando sei nel labirinto della follia, della depressione, del disagio psichico quel gomitolo è solo un pugno di fili recisi e sfilacciati, che non riesci più a riannodare. Non da solo. E quando faticosamente riesci a rimetterne insieme qualche pezzo ci sono quelli “sani” persi nel labirinto del pregiudizio e della paura che ti emarginano nel mondo degli “altri”, lasciandoti solo con la tua fragilità, con le tue angosce, con quelle voci, fra i tuoi fantasmi.

“Nel labirinto della vita” è l’ultimo lavoro di Pietro Basoccu, medico pediatra e fotografo di grande sensibilità, sempre impegnato nell’indagine di mondi “dimenticati”. La sua mostra fotografica verrà inaugurata venerdì 21 dicembre alle 11 al Museo Comunale (Casa Lai), in via Sardegna ad Arzana e sarà visitabile fino al 2 febbraio 2019.

Le immagini raccontano la vita all’interno di una residenza psichiatrica, un servizio offerto dopo l’abolizione dei manicomi con la legge 180 del 1978, la cosiddetta Legge Basaglia, di cui quest’anno ricorrono i quarant’anni. La mostra è un progetto di Su Palatu_Fotografia e sarà accompagnata dal catalogo bilingue, italiano/franceseedito da Sotereditricecon i testi dello psichiatra Vittorino Andreoli e del poeta francese Serge Pey.

Vivere con il disturbo mentale è una condizione che riguarda un numero sempre maggiore di persone. Andreoli ci ricorda qualcosa di sconcertante: I malati nel nostro paese sono stimati in 17 milioni: una persona su quattro. La sola depressione è presente nel 14% della popolazione. Chiusi i manicomi troppi pazienti sono stati lasciati soli insieme alle loro famiglie, non sempre adeguate a fronteggiare la situazione. Perché un paziente psichiatrico è, come e più di un normale paziente, un costo per una società che chiama i presìdi della salute con l’insopportabile nome di “aziende”. Appalti a scadenze brevi, come una qualunque manutenzione del verde pubblico, servizi di assistenza e di riabilitazione con prezzi al continuo ribasso che fanno scadere la qualità e rendono precari gli operatori favorendo un turnover che è l’ultima cosa che serve a un paziente psichiatrico, che avrebbe invece bisogno di stabilità e certezze.

Come scrive Vittorino Andreoli nella sua bella presentazione «Il tempo di una visita psichiatrica nei Servizi territoriali, mediamente non supera i 15 minuti, un tempo in cui è impossibile stabilire una relazione e valutare in maniera adeguata una condizione mentale e comportamentale .… Se questa è la situazione della Legge Basaglia, bisogna ammettere che non è stata ancora messa in moto o non ha visto una degna applicazione. Il primo a indignarsi e ad indicarlo sarebbe proprio Franco Basaglia». A più riprese la politica ha tentato di “superare” la legge Basaglia anziché applicarla seriamente. Negli ultimi anni sono fioccate varie proposte di legge che sotto-sotto riaprivano, senza dirlo apertamente, la strada a nuovi manicomi. Anche questa poco rassicurante stagione politica, che brancola nel labirinto della disumanità, sta portando la sua proposta di legge che avanza in un parlamento ricco di personaggi che potrebbero tranquillamente essere i primi utenti di queste nuove strutture, dall’inquietante nome di TSNEP, Trattamento Sanitario Necessario Extraospedaliero Prolungato.

Il lavoro di Pietro Basoccu cattura con vigore l’attenzione, ci accompagna nel mondo degli invisibili  e ci offre un prezioso spazio di riflessione filtrato dal suo occhio attento. «La fotografia – scrive Serge Pey nel suo testo di presentazione –  è la poesia di un occhio capace di vedere ciò che gli altri occhi non vedono. Le fotografie sono una verità sopra le nostre spalle che ci tocca la testa per farci voltare. Pietro Basoccu è uno scrittore del silenzio che all’improvviso si mette ad urlare …. non fotografa altro che sguardi, ed è questo che fa di lui un fotografo».

Basoccu si muove, come sempre, in punta di piedi con una grammatica visuale asciutta e decisa, giocata sul bianco e nero essenziale e metaforico (il mondo è a colori ma la realtà è in bianco e nero disse Wim Wenders…) raccontando con forza le fragili debolezze senza forzature, senza voler dimostrare niente a priori, offrendo solo uno sguardo alla nostra riflessione, solo uno sguardo.

Bisogna ringraziarlo per questa mostra regalataci in un periodo di “feste” che fa riflettere su chi è costretto guardare la vita dietro un vetro rotto, su chi ha sempre avuto poco da festeggiare tutto l’anno.

Enrico Pinna