Opporsi al sardoleghismo è necessario, ma siamo certi che Massimo Zedda sia l’argine adeguato?

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Massimo Zedda, sindaco di Cagliari e candidato al governo della Sardegna

Nei giorni scorsi Il Risveglio, con un editoriale del suo direttore, ha dichiarato di sostenere la candidatura di Massimo Zedda a governatore della Sardegna. Con questo intervento di Paolo Fadda- già amministratore di industrie pubbliche e private e attento osservatore della realtà economica e politica sarda – apriamo una discussione pubblica aperta a tutti quanti condividono la necessità di opporsi al cosiddetto sardoleghismo.

Una premessa: la mia storia politica non è mai stata nei partiti della sinistra – comunisti o socialisti che fossero – avendo avuto per circa mezzo secolo un’unica tessera di partito, quella della Democrazia cristiana, versione morotea. Mi sono quindi sentito sempre un progressista, cioè un uomo impegnato, nella politica come nelle attività professionali, nel dover costruire e diffondere, sull’insegnamento di Moro, progresso e giustizia sociale e non certo a conservare storici privilegi, di casta come di corporazioni.

Questa premessa mi serve per riflettere sull’indirizzo editoriale espresso dal direttore di questa testata, Giovanni Maria Bellu, a sostegno della candidatura di Massimo Zedda a governatore della Regione sarda, a capo – lui che è un ex del movimento veterocomunista di Vendola – di una coalizione di partiti della sinistra, più o meno sinistra.

Premetto ancora che andrò al di là del giudizio sul politico Zedda (che peraltro mi sono formato essendo da quasi 10 anni sindaco della mia città) per ragionare come si pone questa sua candidatura nell’attuale situazione elettorale della Sardegna. Dove dal 4 marzo scorso, e sull’onda della situazione nazionale, si sono affermate due nuove formazioni politiche, sotto i colori giallo-verdi ed il brand populista-sovranista. Ambedue, peraltro, del tutto estranee, se non addirittura antitetiche, alla cultura politica ed autonomistica dell’Isola.

Ed è proprio su questa novità-pericolosità che, a mio parere, deve essere considerata, e valutata, la candidatura del sindaco di Cagliari. E, più in generale, delle opzioni che si oppongono, culturalmente oltre che politicamente, all’avventurismo giallo-verde, dei pentastellati e dei sardoleghisti. Dove anche la sinistra-sinistra sembra avere però i suoi cedimenti, se così andrebbero intesi certe aperture del Manifesto e certi amori dei Liberi e Uguali.

Certo, Massimo Zedda appare molto più credibile, politicamente, di un Solinas o del pentastellato di turno ed anche un anonimo sondaggio, non saprei però quanto attendibile, lo pone al primo posto nel gradimento elettorale, prima di Maninchedda e, soprattutto, di Solinas che pur sarebbe a capo di una coalizione (il centro-destra) accreditata come vincitrice. Come suo punto di debolezza c’è infatti l’abituale frazionismo dei movimenti della sinistra più marxista, per cui la sua coalizione (il centro-sinistra) non appare molto forte e coesa. Anche se un punto di forza a suo favore potrebbe ritrovarsi nel c.d. voto disgiunto.

Ora, di fronte al pericolo di un’affermazione dei pentastellati o dei sardoleghisti, occorrerebbe un voto “contro”, prima ancora che una scelta “per”. Occorrerebbe quindi poter reclutare ed avere disponibile una classe politica che si facesse “carico, con una sensibilità acuta, ma senza alcuna facile ed acritica condiscendenza verso l’estemporaneità di certe formazioni antipolitiche, di guidare la nostra società perché rimanga entro i confini di un’etica democratica”, per citare un avvertimento di Aldo Moro. Personalmente ho dei dubbi, dei fondati dubbi, sulle capacità di Zedda d’essere il riferimento giusto per “armare” questo fronte: mi pare anch’esso schiavo di quella debolezza che oggi contraddistingue l’area dei progressisti, moderati o assolutisti che siano.

Anche per questo non sono molto convinto di dover dare il mio sostegno a Zedda, anche se sono sempre meglio e più disponibile a far fronte comune contro l’eresia politica ed autonomistica dei giallo-verdi. Espongo queste considerazioni perché mi farebbe piacere avere un chiarimenti su questi dubbi, che ancora m’assalgono, sulla presenza effettiva, o sulla possibilità di reclutamento, di un’area coesa, numerosa e disponibile di progressisti che faccia opposizione al pericolo populista e sovranista che incombe?

Paolo Fadda