Con questo intervento Paolo Fadda svolge un’analisi del politico attuale e motiva la sua adesione al recente appello dei cattolici sardi
Per quanti hanno attraversato gli anni della prima Repubblica con l’impegno politico nel partito dei cattolici democratici, il tempo presente – quello della seconda fase repubblicana – appare, per tanti aspetti, incomprensibile ed inconciliabile. Per due motivi principali: il primo, perché s’è come interrotto il rapporto fiduciario tra il mondo della politica e la società civile; il secondo, perché i partiti sembrerebbero divenuti delle consorterie o dei potentati in mano di pochi, magari di uno solo, sia esso un “cavaliere” o un “capitano”.
Con la diaspora dei partiti storici della prima Repubblica, la politica ha perso quelli che ne erano – e ne sarebbero – i suoi fundamentals: cioè le capacità di unire, di mettere insieme, di fare sintesi, di avere quello sguardo lungo che le permetta di intravedere la meta oltre le tortuosità del contingente. Purtroppo oggi nessuno dei soggetti politici in campo è in grado di esercitare tali azioni.
Paiono proprio queste devianze a motivare e ad armare l’antipolitica attuale ed a far crescere l’arroganza e la barrosìa di taluni degli attuali capipartito. Ed è poi questo il motivo che avrebbe motivato quei reduci della prima fase della politica repubblicana (come chi scrive) a tenersi lontani, in una sorta di sofferto Aventino, da quelle avverse e pericolose contaminazioni.
Le due derive prima ricordate inducono quindi a ritenere che la politica, come cultura e come servizio per il raggiungimento del bene comune, abbia ormai ceduto il passo a quella trasformatasi in uno strumento, sempre più individuale, per conquistare più potere e per poter fare più carriera. Da qui appare sempre più condivisibile il giudizio che indica la società politica attuale come sfibrata da un individualismo sfrenato che ha corroso ogni legame con compartecipazioni popolari e condivisioni ideali.
Chi aveva militato nel partito dei cattolici democratici, e ne aveva compreso e condiviso la cultura e l’impegno (quella di uomini come De Gasperi e Moro), oggi non può che avvertire una profonda sofferenza. Non è facile comprendere le ragioni, del perché – come accadde nell’antica Roma imperiale – dalle eccellenze di un Traiano si fosse poi giunti alle bassezze di un Caligola. Come se, anche nella conduzione della nostra Sardegna, da una stagione governativa aurea, di alto profilo, ne sia poi seguita un’altra – l’attuale – di evidente e preoccupante low profile.
D’altra parte, questa decadenza della politica (o, meglio, del ceto politico) è avvenuta in coincidenza – o in dipendenza – della grande purga politica (una bol’shoy čistka all’italiana) propiziata dal festival giudiziario di Tangentopoli. Anche perché le leve di rimpiazzo agli incriminati ed agli accusati, non avrebbero mostrato sufficienti qualità, in preparazione, attitudini e capacità. Tanto far dire a qualcuno che s’era passati, anche con superficialità ed avventatezza, dalla padella alla brace. Perché il nuovo portato al potere sulla scia di quelle epurazioni non sempre mostrava di possederne le giuste qualità. E fra ulivi, margherite ed altra flora non ben identificata, sarebbe avvenuto il tramonto di quel progetto che era stato di Sturzo e De Gasperi.
C’era ormai la diffusa convinzione – ed un politico fino come il nostro Francesco Cossiga me era stato il profeta – che non fosse più il tempo per dei partiti di ispirazione cristiana e che l’unità politica dei cattolici fosse tramontata con il crollo del muro di Berlino. E che per i cattolici democratici fosse necessario andare oltre, non nascondendo la propria presenza. Perché va detto – e si ricorda qui un pensiero di Andrea Riccardi, il fondatore della Comunità di Sant’Egidio – che il cattolicesimo rimane pur sempre una risorsa fondamentale ed irrinunciabile per il nostro Paese, che ne ha segnato la storia e che non può, ne deve rinunciare a costruirne il futuro. Senza esclusività né integralismi.
D’altra parte molti segnali inducono a ritenere che ci sia, nel Paese e nella nostra Sardegna in particolare, una significativa presenza di laici cattolici. Più chiaramente: che essi abbiano, o che possano avere, un ruolo importante nello scenario attuale della politica. per ridarle forza e sostanza, buoni contenuti e più ampi consensi.
La conferma a quest’assunto la si è trovata nell’appello che un numeroso gruppo di cattolici sardi ha recentemente diffuso perché si esca fuori dalle difficoltà e dai travagli odierni con un impegno unitario e condiviso per rigenerare una società stremata dalla pandemia virale e da un’incombente recessione. Lo hanno fatto, e lo sostengono nello spirito dell’insegnamento pontificio che indica le responsabilità dei laici fedeli, specie in questi tempi calamitosi, in una più convinta partecipazione, nella linea della sussidiarietà cristiana, alla soluzione dei più impellenti ed incombenti bisogni sociali minacciati dal Covid-19.
I promotori l’hanno scritto chiaramente nella premessa che qui si riporta: «Noi cittadini sardi, cattolici ispirati dai valori del Vangelo, fedeli agli insegnamenti del Concilio Vaticano II e della dottrina sociale della Chiesa, convintamente riproposti dalle ultime illuminanti encicliche di Papa Francesco, ci dichiariamo preoccupati e angosciati per il precipitare della situazione economica della Sardegna. …Chiediamo pertanto a tutti, a partire da quanti hanno responsabilità pubbliche, nelle Istituzioni e nelle altre organizzazioni della Società, e a tutti gli uomini e a tutte le donne di buona volontà, un impegno corale che, nel rispetto delle differenze delle diverse appartenenze politiche e culturali, ci renda solidali e attivi per uscire dalla situazione di crisi e difficoltà antiche e attuali della nostra regione».
L’appello è volto a sollecitare la predisposizione di «un piano straordinario di investimenti da far partire al più presto, non oltre il 1°gennaio 2021. Quando la moratoria statale sui licenziamenti finirà e termineranno le risorse straordinarie per la cassa integrazione, gran parte dei lavoratori più deboli e meno qualificati perderà il lavoro, col rischio più che concreto di rimanere intrappolata in una condizione di impoverimento per lungo tempo. Pertanto è necessario fin da ora intervenire con determinazione, anche con provvedimenti legislativi straordinari, sulle ben note emergenze create dalla pandemia».
C’è dunque – ed è doveroso prenderne atto – la volontà e l’impegno dei laici credenti sardi di porsi in prima linea per richiedere un’azione unitaria e condivisa per ridare speranze ed indicare obiettivi per il futuro dell’Isola e della sua gente. Ed è per questo che a quell’appello chi scrive- reduce anch’egli da un passato politico fra i cattolici democratici sardi – intende porre la sua firma d’adesione.
Paolo Fadda