Da qualche giorno, sul fronte della sanità regionale, tutto tace. Dopo i fuochi d’artificio delle settimane scorse, una calma apparente, per niente rassicurante, sembra essere calata sulla nuova “riforma” elaborata dal governo regionale. Vediamo di ricapitolare i termini della questione.
Sul campo si fronteggiano tre diversi attori. Da una parte il governo regionale: un impasto di demagogia, propaganda e superficialità. Al suo fianco l’Università, che non è solo studio, studenti e sapienza, ma è anche un formidabile apparato burocratico, un insieme di cattedre e di professori, di cliniche ed ospedali: un potere diffuso. Dall’altra, il classico vaso di coccio tra due vasi di ferro: i bisogni di salute dei cittadini. Una lotta impari dove i diritti dei pazienti sono destinati inevitabilmente a soccombere.
I fatti. Il Presidente della regione ha deciso che l’organizzazione sanitaria sarda ha bisogno di un segnale forte di cambiamento. E, tra le tante cose che non funzionano, ha annunciato di voler mettere mano proprio a qualcosa che, invece, pur tra molte difficoltà ed ostacoli, funziona. I più accorti avevano pensato ad un’azione energica per arrestare il sempre più evidente scadimento della qualità dell’assistenza e dei servizi, certificato dalla insopportabile lunghezza delle liste d’attesa. Altri, ad un tardivo ripensamento sulla elargizione di risorse pubbliche ( 60 milioni di euro all’anno) ad un ospedale privato, di proprietà della Qatar foundation, che funzionerà, forse, grazie ai 252 posti letto sottratti ai presidi ospedalieri pubblici. Invece il “nostro” Presidente ha avuto una bella idea: la cosa più urgente – ha affermato con piglio decisionista – è scorporare dall’Azienda Ospedaliera Brotzu, l’ospedale Microcitemico e l’ospedale Oncologico, per spedirli, come pacchi postali, nell’Azienda mista Ospedaliero-Universitaria di Cagliari.
Un patrimonio di conoscenza, di ricerca, di professionalità, di qualità assistenziale, svilito e delegittimato da una decisione che rischia di vanificare un duro lavoro di integrazione portato avanti, in questi anni, dai tre ospedali, e non ancora completato. Ma quale è stata la motivazione di cotanta decisione? La giunta regionale ha spiegato, senza arrossire, che lo spacchettamento dell’Oncologico e del Microcitemico, serve ad aumentare i posti letto della facoltà di Medicina, che altrimenti rischierebbe di perdere l’accreditamento. Infatti, secondo i parametri ministeriali (3 pl/studente), l’Università non ha abbastanza posti letto in rapporto al numero degli studenti.
La decisione quindi non nasce dalla volontà di migliorare la qualità dell’assistenza, ma è il frutto di un mero rastrellamento di posti letto, funzionale agli interessi dell’Università. Un problema che esiste da una decina di anni e che Regione ed Università non sono riusciti a risolvere. Eppure un’alternativa al nuovo accorpamento esiste. Sarebbe sufficiente dare concreta attuazione al progetto da oltre 33 milioni di euro per la realizzazione del Blocco R del Policlinico di Monserrato. Una struttura che dovrebbe ospitare i nuovi reparti di Urologia, Oculistica, Ortopedia e Dermatologia, per complessivi 136 posti letto. Peccato però che la sua realizzazione sia bloccata dal 2015 da un contenzioso giudiziario di cui non si vede la fine. Ed allora cosa hanno pensato quei sapientoni per risolvere il problema? Semplice, basta sacrificare sull’altare dell’incapacità e dell’arroganza la salute dei cittadini.
Come era prevedibile, l’idea malsana ha sollevato un coro di vibrate proteste. Ecco allora che dal cilindro della giunta regionale sarebbe spuntata una seconda pensata: perché non spedire anche il Brotzu nelle accoglienti braccia dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria? In un sol colpo si completerebbe il disegno, portato avanti in questi ultimi anni, di smantellare l’unica Azienda Ospedaliera di alta specializzazione e di interesse nazionale. Il Brotzu perderebbe così la sua funzione originaria e con essa la sua unicità e specificità. Le tante professionalità e competenze verrebbero annacquate e fagocitate all’interno di un grande calderone gestito dall’Università. La classica toppa peggiore del buco.
Purtroppo tutto questo può accadere quando a dettare le scelte non è la realizzazione di un diritto costituzionalmente garantito, la salute, ma piccoli e grandi interessi, piccole e grandi invidie, piccoli e grandi egoismi. Quando a prevalere sono l’insipienza, l’inadeguatezza e la superficialità. Qualcuno si domanderà: e i cittadini? E i malati? Quelli possono sempre aspettare.
Massimo Dadea