A quasi vent’anni dal suo libro “Facce di sardi. Ritratti d’identità”, che si poneva l’obiettivo di raccogliere volti dei personaggi della cultura (nel senso più ampio) isolana per verificare se in qualche misura questi volti e queste immagini restituivano un’identità, l’identità di appartenenza a un popolo e a una terra, Salvatore Ligios pubblica Facce di sardi / due – Sogni meridiani, viaggio nella poesia contemporanea. Il fotografo, con un linguaggio ricco di segni e di strategie percettive, ha puntato l’obiettivo sul mondo della poesia isolana, in tutte le sue varianti: lingua sarda, lingua italiana, scritta, orale, improvvisata, recitata o cantata, versioni locali e municipalistiche, superando ostacoli e diffidenze.
Curato dall’associazione Su Palatu Fotografia la più grande mostra fotografica di poeti sardi, fa tappa nel comune più piccolo della Sardegna, Baradili, in provincia di Oristano. Ospita 63 stampe in bianconero di grande formato ognuna accompagnata da un estratto di versi relativi al poeta ritratto. L’autore, come sua abitudine, utilizza ancora il sistema della pellicola che sviluppa personalmente in camera oscura. La mostra rimarrà in esposizione sino al 13 gennaio 2019 e potrà essere visitata senza limiti di orario. È presente il catalogo cartaceo curato della Soter editrice.
«Certo — riflette Ligios — sono partito dalla poesia, che è un grande amore. Ma il tarlo resta l’immagine. La curiosità era indagare le facce di questi poeti. La sfida era capire se le facce riuscivano a restituire il mistero del verbo, perché alla fotografia non puoi chiedere che ti restituisca il suono…però ti può restituire un segno, che forse… sai… non spiega tutto… ma ti indica il cammino».
«Salvatore Ligios — osserva Sonia Borsato nella sua prefazione — corrisponde alla teoria avanzata da Rosalind Kraus nella necessità di re-inventare il medium attraverso l’uso che se ne fa. E allora la fotografia diventa – forse suo malgrado, suo del mezzo e suo dell’autore – processo intellettuale analitico di conoscenza, mezzo che si fa carico della più difficile di tutte le missioni, la meno sociale la più ininfluencer: riattivare un dialogo fra realtà separate».
Il collegamento fra queste realtà separate passa, nell’idea di Ligios, attraverso il ritratto ambientato che restituisce, oltre lo sguardo, anche il contesto di vita e di lavoro delle persone fotografate. Il ritratto come costruzione di una riflessione che passa attraverso la relazione istantanea fra persone mutuata dalla fotografia con un atto di fiducia.
«Siamo più o meno abituati – scrive ancora Sonia Borsato– all’auto rappresentazione semplificata ormai nel selfie che si trascina però un sottotesto negativo che appiattisce l’interrogazione interiore e la scoperta di quell’uno, nessuno e centomila che pirandellianamente mi abita. Declinata nei ritmi veloci del social, piegata allo sguardo veloce, al divora e dimentica. Offrirsi per un ritratto, che ha tempi di gestazione e poi di consumo molto più lunghi, richiede una fiducia molto diversa. La fede è merce preziosa. Ci si mette nelle mani – negli occhi, a dire il vero – del fotografo che scruta. Ci appiana come un sarto farebbe con una stoffa stropicciata. Veniamo stesi su un tavolo e ogni piega di noi messa in luce. Letteralmente. Raccoglie tutte le nostre briciole, quelle rimaste nascoste nelle balze delle nostre giornate meno felici, e le fa diventare gemme».
Facce di sardi/2 è un viaggio lento e studiato attraverso gli sguardi per scoprire quella luce, quel bagliore, quel segno che restituisca il senso del fotografare, che sveli quello che solo lo sguardo può mostrare, per placare l’ansia di dialogo fra mondi – la parola e l’immagine – mai così complementari.
Enrico Pinna
Foto d’apertura © LIgios – Nicola Farina