Ho letto con molto interesse l’articolo di Paolo Fadda (“Parco geologico o Parco minerario? L’equivoco del sito Unesco, la realtà del Parco-bancomat”), che offre notevoli spunti di riflessione per chi – come me – si occupa da 15 anni di geoparchi (minerari e non) e più in generale di geoturismo. Però il dibattito rischia di essere fuorviato proprio dal presupposto enunciato fin dal titolo sul quale mi permetto – con il dovuto rispetto – di essere in disaccordo.
Prima di entrare nel merito della questione, tuttavia, sono opportune due precisazioni. La prima: dal 17 novembre 2015 l’Unesco Global Geoparks (UGG) fa ufficialmente parte del programma Unesco, inserito nel dipartimento Scienze della Terra. Pertanto, il (fu) Geoparco minerario della Sardegna è stato espulso – con relativa figuraccia a livello planetario – dalla rete mondiale dei geoparchi proprio dall’Unesco. Tanto che il comunicato è stato pubblicato anche sul Bollettino ufficiale della Commissione Nazionale italiana. Questo va chiarito perché vi è stato un maldestro tentativo, da parte del Presidente e del Direttore del Parco Geominerario, di minimizzare l’accaduto riducendolo a una banale cancellazione di un “marchietto” (sic!) dalla carta intestata, da sostituire magari con quello dei “Parchi Letterari” (Tarcisio Agus dixit)… Cosa che, peraltro, non ha fatto che accrescere l’irritazione ai “piani alti” dell’organismo mondiale.
La seconda: non è vero, come sostiene Fadda, che non vi siano altri “parchi minerari” nella lista dei 147 geoparchi mondiali. Senza andare tanto lontano, basta citare l’esempio più vicino a noi: e cioè il Parco Tecnologico Archeologico delle Colline Metallifere Grossetane – Tuscan Mining Unesco Geopark (il parco nazionale minerario “gemello” della Sardegna), di cui per sei anni ho avuto il piacere e l’onore di essere stato il responsabile della comunicazione.
Non a caso, aggiungo, la stessa Commissione dell’UGG ha spesso inviato a Gavorrano delegazioni di aspiranti “candidati” (una volta persino dalla Corea del Sud) per “studiarne” l’organizzazione su cui basare poi la domanda di ammissione. Questo ci porta dritto al nocciolo del problema. Che, in prima battuta, è di natura per così dire “culturale”. In Italia (compreso, a quanto pare, Fadda) si continua nell’errore di ritenere che un geoparco si limiti alla tutela e valorizzazione del patrimonio geologico. Non è così: la presenza di esso sul territorio è la premessa fondamentale, ma i “requisiti” per essere ammessi alla rete mondiale sono altri. Tanto per dire, la Monument Valley è uno splendido geosito ma non potrà mai divenire un geoparco: per la semplice ragione che lì… non vi abita nessuno. E’ la presenza e l’attività dell’uomo, che si contempera e si armonizza con la terra, a renderlo tale. Tanto è vero che ai candidati la prima domanda che viene rivolta non è “chi è il vostro geologo?” bensì “chi è il responsabile del marketing geoturistico?”, e poi a seguire “chi è quello dei laboratori di educazione ambientale, e il vostro responsabile della comunicazione?”. Ed è, soprattutto, per questa ragione che un parco minerario – e non naturalistico, come si è portati a ritenere – è il vero prototipo del geoparco. Come, del resto, testimonia la stessa “Carta di Cagliari” del 1998, che sancì il Parco Geominerario della Sardegna quale “primo Geoparco della costituenda rete mondiale Unesco”.
A questo punto, il discorso si focalizza su di esso. E dire, come è stato detto, che a 20 anni da quella firma non sono stati compiuti passi in avanti ma solo confusione non solo è
ingeneroso ma, soprattutto, falso. Passi la “confusione” (e qui Ministero dell’Ambiente e Regione ci hanno messo, come suol dirsi in Toscana, un “carico da undici”) ma non può passare la tesi che di notte tutti i gatti sono neri.
Un progetto – discutibile quanto si vuole ma concreto e coerente – il Geoparco Minerario della Sardegna ce l’aveva: ambizioso, certo, ma non velleitario. Il “cartellino rosso” di Siviglia ha, dal canto suo, nomi e cognomi: Tarcisio Agus e Ciro Pignatelli. L’impietoso rapporto delle due ispettrici Unesco riguarda gli ultimi due anni, non cinque o dieci… A ciascuno il suo: basta con le autoassoluzioni e giustificazioni di comodo. Il Parco delle Colline Metallifere dimostra, al contrario di quel che sostiene Fadda, che parco minerario e geoparco possono coesistere, complementarsi e completarsi. Quello che il Parco Geominerario della Sardegna non ha saputo (o voluto? Non a caso #GO, fin dal marzo scorso, ha parlato di Sardexit…) fare.
Una chiosa finale circa la questione “Parco-bancomat”: garantire e finanziare il servizio delle guide turistiche nei siti e nei musei minerari, salvaguardare e ristrutturare la Laveria La Marmora, acquisire la “Collezione Manunta” per realizzare una delle esposizioni mineralogiche più importanti al mondo, non significa fare il “bancomat”, vuol dire compiere la “missione” per cui il Parco è stato creato; al contrario, sponsorizzare con 30.000 euro un rally automobilistico oppure finanziare un improbabile Premio cinematografico a Venezia rappresenta la paradigmatica sintesi di una gestione che dalla credit card è finita con la red card.
Alessandro Baldasserini
(Direttore di #GO-GeoturismoOnline)