Una specie di “Rivolta dell’oggetto”, l’eredità di una vita, lasciata da Michelangelo Pira ai sardi. I tronchi degli alberi abbattuti dalla devastante tempesta dell’ottobre scorso in Carnia – Alto Friuli – si rianimano, sgambettano come tanti Pinocchi, marionette quasi Totò e Benigni. Diventano protagonisti della scenografia, ne Le troiane di Euripide, al teatro greco di Siracusa, dal 10 maggio al 23 giugno, regia di Muriel Mayette-Holtz, la prima donna ad aver diretto la “Comédie-Française”. In quel maestoso spazio, quante tragedie, quante rappresentazioni nei secoli! Un mese fa, da Siracusa, s’è affacciato sul palcoscenico di Raiuno, Andrea Camilleri, nei panni dell’indovino Tiresia, maschera stupefacente per una conversazione alla ricerca di “un’idea più precisa di eternità”.
Dal teatro greco di Siracusa al teatro romano di Nora. Facciamo una proposta: un allestimento con quei tronchi offesi – oggetti in rivolta, pronti a farsi soggetti – anche per “La notte dei poeti”, notte senza tempo, galleria di Signore e Signori del teatro italiano, fin dagli anni Ottanta.
Il Cedac ci ha donato poesie, prose, canzoni, mille invenzioni. E perché no quei Pinocchi “in cerca d’autore”, quegli alberi che chiedono di essere attori per un teatro che si faccia messaggio culturale e antropologico? Un messaggio di rinascita che l’architetto Stefano Boeri – autore della scenografia – si è caricato sulle spalle da Nord a Sud, da un capo all’altro del Paese. E mentre si pensa di rigenerare le foreste del Friuli, la “Rivolta dell’oggetto” va in scena in Sicilia, ma potrebbe essere Sardegna, potrebbe avere per palcoscenico il mondo, perché il dramma de Le Troiane è di tutti, è universale. È il riscatto delle donne fatte schiave dopo l’uccisione dei loro uomini. Celebre la versione antimperialista di Sartre, negli anni sessanta, gli occhi rivolti alla “Battaglia di Algeri”.
Donne e Guerra è proprio il filo conduttore che il teatro di Siracusa ha voluto dare alla sua stagione. L’antimilitarismo e la questione femminile di Euripide, la dignità delle donne vinte, che s’impongono con la trasparenza dell’egemonia di fronte alla prepotenza dei vincitori. Temi che ci appartengono, che raccontano ingiustizie, discriminazioni della nostra società. E poi c’è il viaggio degli abeti bianchi e rossi, spiraglio di speranza per “un bosco morto, un bosco di alberi uccisi da una tempesta”, che per Boeri torna “nobile e ordinato”, parte integrante di una tragedia che ci mette di fronte ai nostri fantasmi, alle follie dell’umanità. La guerra grande e terribile, l’equilibrio naturale, mai così insidiato.
Attilio Gatto