Vittore Bocchetta e i fascisti cancellati dai ragazzi di Verona

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Il racconto che segue non ha bisogno di spiegazioni: Vittore Bocchetta l’ha scritto con l’efficacia e la passione dei suoi 101 anni. Questa premessa è semplicemente il luogo dal quale rivolgiamo gli auguri per l’anno che viene. Cominciano gli anni Venti del 2000 e Vittore ci aiuta a non dimenticare quelli del Novecento, che segnarono l’inizio di una stagione di odio e di morte. E’ una grande fortuna essere tenuti per mano dalla memoria operante di un uomo che ha affrontato e sconfitto il fascismo. L’esempio di Vittore ci ricorda che ognuno di noi ha il dovere di opporsi, con tutti i mezzi di cui dispone, perché non ritorni, magari sotto falso nome. Buon 2020, ma non a tutti.

Vorrei raccontarvi un fatto che, mio malgrado, ha riportato il mio nome agli onori della cronaca cittadina di Verona, dove abito attualmente.
Gli studenti di una scuola secondaria della zona stavano preparando un cortometraggio dal titolo Ars magistra vitae all’interno del quale era prevista la registrazione di un’intervista da condurre a casa mia. Mi avrebbero domandato come l’arte (musica, scrittura, pittura, etc.) abbia spesso costituito una modalità di sopravvivenza per chi, come me, ha vissuto l’esperienza dei campi di concentramento.

Cercando su Google Maps come raggiungere la mia abitazione, gli studenti si sono imbattuti in un’immagine inquietante: sulla parete a pochi metri dal cancello d’ingresso era raffigurata una croce celtica. Gli studenti erano già sensibilizzati alla questione perché qualche tempo prima si erano adoperati per cancellare alcuni simboli nazisti e fascisti dalle pareti della loro scuola. E poi uno degli altri intervistati per il loro cortometraggio era lo street artist veronese Cibo, che è solito ricoprire con immagini colorate di cibi nostrani le svastiche e le croci celtiche che compaiono sempre più frequentemente sui muri della sua città.

L’ultimo giorno prima delle vacanze natalizie gli studenti si sono quindi armati di solvente e hanno rimosso la croce celtica dalla facciata di casa mia.

Devo confessare che non mi ero accorto dell’immagine, anche perché ultimamente esco di rado. E non sono neanche certo che la scelta della facciata di casa mia fosse mirata nei miei confronti. Anche perché è tutta una questione di propaganda ed io non sono così popolare come una senatrice a vita sotto scorta o un calciatore italiano di serie A di origine ghanese che si trova a giocare sotto la curva dell’Hellas Verona.

In ogni caso sono contento che esistano cittadini e giovani studenti che comprendono la gravità di simili gesti.

Mi è anche tornato in mente quando, una decina d’anni fa, alcuni neonazisti avevano imbrattato il mio monumento Ohne Namen (Senza Nomi) posto nel sito del campo di concentramento di Hersbruck a memoria dei deportati che vi avevano perso la vita.

 

I cittadini tedeschi che mi comunicarono la notizia dell’atto vandalico erano mortificati, ma mi assicurarono che la secchiata di vernice rossa sul monumento era stata rimossa dopo poche ore. Peccato – pensai – l’avrebbero dovuta lasciare a simboleggiare il sangue che continua a scorrere.

Vittore Bocchetta