25 aprile. Si tratta di una data simbolica ad indicare la liberazione dai nazifascisti, ma cronologicamente mi risulta indefinita sia per la Sardegna che per il sottoscritto. Infatti, formalmente, l’occupazione nazista dell’Isola durò soltanto un giorno e il nostro 25 aprile 1945 si ebbe il 9 settembre 1943. In ogni caso la Resistenza e il tributo di morti si ebbe già quel giorno, per esempio con le più di 1350 vittime dell’affondamento della Corazzata Roma, tra La Maddalena e l’Asinara.
Per quanto mi riguarda, il 25 aprile 1945 io mi trovavo nello Stalag 383 di Hohenfels, in Baviera. Un gruppo di prigionieri di guerra inglesi mi aveva trascinato all’interno di quel campo tranciandone il filo spinato. Ero caduto privo di sensi a ridosso del reticolato qualche giorno prima. Le guardie naziste erano già sul punto di abbandonare i loro posti. Anzi mangiavano soltanto grazie agli abbondanti viveri forniti dalla Croce Rossa ai prigionieri britannici in base alla Convenzione di Ginevra.
Ma a chi devono essere attribuiti i meriti della Liberazione? Si discute ancora oggi se sia stato più importante il ruolo dei partigiani o degli Alleati. Questione di opinioni, ma anche di circostanze! Le vicende variavano da una zona all’altra. La cosa che conta è che i nazifascisti siano stati cacciati. Io, per esempio, ero stato preso e deportato perché facevo parte del Comitato di Liberazione della provincia di Verona, ma non rappresentavo alcun partito. Si pensi che nel nostro gruppo c’era anche un anarchico!
In ogni caso, la mia personale Liberazione può essere considerata emblematica di quella più generale. Anche nel mio caso fu una questione di circostanze. Ero semplicemente fuggito durante una marcia di evacuazione del campo di Hersbruck verso il campo di Dachau, che i tedeschi ritenevano più sicuro, ancora convinti di non aver perso la guerra. Avevano anche brindato alla morte di Roosevelt il 12 aprile e al compleanno del Führer il 20 aprile.
Quindi sono orgoglioso di poter affermare di essermi liberato da solo. Gli Americani sono arrivati quando le guardie naziste erano già scappate! Ho potuto ricostruire la data e anche l’ora precisa grazie a un prigioniero neozelandese che immortalò in una foto la prima Jeep yankee entrata nello Stalag di Hohenfels: il 22 aprile alle 16.05.
I miei soccorritori inglesi insistettero perché andassi con loro a Londra con le operazioni di rimpatrio alla fine della guerra. Io ero titubante perché preferivo rientrare in Italia. La fine ufficiale delle ostilità fu dichiarata l’8 maggio, giorno del mio onomastico. Da allora l’8 maggio è stato chiamato “Victory Day” ed equivale per l’Europa al nostro 25 aprile. I miei soccorritori inglesi morirono precipitando nei pressi di Parigi con l’aereo che li stava riportando in patria il 9 maggio.
Arrivai a Verona soltanto a luglio e trovai decine di migliaia di partigiani che festeggiavano. Che io sappia, quelli veri che avevano combattuto sulle montagne della zona erano stati solo qualche centinaio.
Io sono orgoglioso di avere combattuto per la stessa causa anche se non ho mai usato un’arma (avevo una volta imbracciato un vecchio moschetto durante il servizio militare, ma mi accorsi per fortuna che mi avevano fornito un otturatore guasto). Anch’io ho ricevuto la qualifica di partigiano e sono stato nominato qualche anno fa presidente onorario della FIAP (Federazione Italiana delle Associazioni Partigiane), ma il termine partigiano ai tempi della mia resistenza non era ancora in uso. Ci chiamavano patrioti o ribelli o banditi, a seconda dei punti di vista.
Io ero da sempre appassionato di Divina Commedia e “parteggiare” aveva per me una connotazione spregiativa. Dante usava il verbo per definire chi si erge a salvatore della patria coltivando però interessi di parte: “Ahi serva Italia, di dolore ostello/ Nave sanza nocchiere in gran tempesta/ Non donna di provincie, ma bordello!/ Ché le città d’Italia tutte piene/ Son di tiranni, e un Marcel diventa/ Ogni villan che parteggiando viene (Purgatorio, VI, 76-78, 124-126).
Quanto agli Americani, per noi sardi erano soprattutto coloro che avevano distrutto le nostre città e seminato la morte con i bombardamenti degli anni precedenti. Io ho anche la cittadinanza USA, ma non sempre condivido l’appellativo di liberatori dei miei concittadini. I liberatori possono diventare occupanti e i liberati occupati. Guai ai vinti!
Comunque buona Liberazione a tutti che si tratti di 25 aprile, 8 settembre, 27 gennaio o 8 maggio.
Vittore Bocchetta